venerdì 15 aprile 2011

Lettera ad un ragazzo sulla politica

La premessa

Un anno prima della sua scomparsa Renzo Imbeni ricevette dal giovane Flavio Bini una lettera sul senso della partecipazione alla vita pubblica che si concludeva con questa domanda :
”Vale la pena oggi per un ragazzo di 19 anni credere nella politica?”
Questa la risposta.
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Bologna 6 settembre 2004

Caro Flavio,
ho visto solo ora la tua lettera del 29 luglio scorso. Ti scrivo dunque con un po’ di ritardo, ma spero di essere scusato. Nelle frasi che hai ascoltato durante la puntata di Report c’è un po’ la sintesi di ciò che io ho sempre pensato a proposito della politica. Nonostante l’opinione prevalente nettamente contraria per me resta il modo migliore attraverso il quale una persona può dare il suo contributo a rendere più giusto il mondo, i rapporti fra le persone, il funzionamento delle istituzioni pubbliche e del sistema economico-sociale. Io mi considero fortunato poiché ho incontrato questa possibilità in un’epoca (gli anni ‘60) di forti idealità (libertà e indipendenza dei popoli, decolonizzazioni) e ho potuto guardare in faccia la realtà senza restare ingabbiato in assurdi ideologismi che obbligavano a scegliere fra un socialismo realizzato in cui non c’era né libertà, né giustizia sociale e un capitalismo che copriva le peggiori nefandezze di molti dei suoi paesi; e sono sfuggito alle sirene di un estremismo che ha attirato tanti miei coetanei su una strada che credevano più coerente e rapida (Vietnam rosso, non, come era giusto, Vietnam libero) ed invece è stato un velo che impediva di guardare la realtà. Per ciò che essa era davvero.

Questa “vaccinazione” iniziale mi ha permesso di essere coerente con me stesso: gli ideali sono gli stessi di 40 anni fa; mi ha permesso di assumere importanti responsabilità di partito e istituzionali (Sindaco di Bologna e deputato europeo) senza mai pensare che la politica si possa ridurre a gestione del potere e senza mettere il mio interesse personale sopra quello che io ho creduto e credo più ampio, dei cittadini e delle istituzioni che li rappresentano.

Ho usato la parola ideali anche perché ho notato il tuo riferimento all’idealismo di coloro che hanno la tua stessa età.

Ho seguito ovviamente con grande interesse i movimenti giovanili che si sono manifestati sui temi della globalizzazione e della pace. C’è chi ne ha fatto un uso strumentale contro questo e quel partito; c’è chi ha tentato di introdurvi il metodo della violenza; c’è chi ha pensato che si potesse davvero dire no alla globalizzazione per poi accorgersi che su questo schematico no si poteva trovare in cattiva compagnia (nazionalismo ed estrema destra). Ma nonostante questo, l’essenziale di questo movimento è positivo, è un no alla guerra e un no alle ingiustizie globali: e tutto ciò può essere una energia duratura per un futuro impegno politico, futuro del quale faccia parte capacità di analisi già accennata, capacità di proposta, di progetto, di alleanza con chi non la pensa come te, ma che ha idee che possono camminare insieme alle tue nell’ambito di progetti comuni.

Ovviamente l’impegno politico può prendere quantità di tempo diversi, e ciò dipende dalla volontà di ciascuno, combinata con il caso, le vicende dell’associazione che si è incontrato e nella quale si è deciso di fare la propria parte. Sono stati parecchi ai miei tempi ad essere “trascinati” dalla scelta della politica a tempo pieno e molti, come me, sono laureati mancati proprio per questo motivo.

E’ sempre arduo dare consigli, ma penso che sarebbe meglio per te combinare il massimo impegno nello studio delle scienze internazionali con un’attività politica volontaria dove puoi dare il tuo contributo e trovare anche qualche soddisfazione. La cosa importante è che la passione sia tutt’uno con il disinteresse personale. Io penso che se a 20 anni avessi avuto in testa “una politica che è solo far carriera” (sono parole della canzone di Guccini “Dio è morto”) avrei scoperto solo il lato oscuro della politica e avrei poi fatto rapidamente altre scelte.

Ecco allora alla fine la risposta alla tua domanda: “Sì, vale la pena!” Ma con l’avvertenza che la politica è fatta di tanti aspetti, può permetterti incontri ed occasioni straordinarie, ma può provocare anche delusioni cocenti. Dipende da come la si intende e la si vive. Ma come mi è stato insegnato la politica esiste comunque; se tu non la fai, altri la fanno anche per te. E allora se sei convinto che essere portatore di idee belle e giuste tanto vale che faccia la tua parte, senza delegarle ad altri.
Un caro saluto e molta fortuna.

Renzo Imbeni

Non esiste alternativa alla Pace

Renzo Imbeni*

Anche questa volta Bologna ha deciso di non stare a guardare. Ogni volta che le sorti della pace sono sembrate in pericolo,ogni volta che la legge della potenza ha calpestato le leggi della convivenza internazionale ,sopprimendo l’indipendenza e la sovranità di popoli e Paesi ,ogni volta che all’orizzonte si sono profilato segni di distensione,Bologna ha fatto sentire la propria volontà di città di pace.
Nel 1982 il Consiglio Comunale disse NO alle armi nucleari nel territorio di Bologna e di tutta Italia; nel 1983 ha promosso un importante convegno insieme all’Unione degli scienziati per la pace, e quest’anno , in occasione del 40° della Liberazione, da un incontro internazionale delle città martiri, si è levato ancora una volta un appello a distruggere le armi, se vogliamo impedire che le armi distruggano il mondo.
Ma insieme a queste occasioni ufficiali, a segnare l’impegno di Bologna per la pace sono state e sono le decine e centinaia di incontri,assemblee,manifestazioni promosse in modo particolare dai giovani,la cui sensibilità ha fatto sì che il movimento per la pace diventasse un elemento costitutivo della vita democratica e civile di Bologna.
So che è stata fatta la proposta di discutere,domani e dopo,nelle scuole di Bologna ,di una delle grandi contraddizioni della nostra epoca:pace / guerra. Questo è il grande tema della nostra esistenza e l’educazione o è educazione alla pace o è educazione,come è sempre stata nei secoli passati,alla guerra, alla sopraffazione,all’oppressione.
L’incontro di domani fra i due grandi,al quale guardiamo con la speranza di una inversione di tendenza della corsa al riarmo che ha caratterizzato gli ultimi anni,deve essere per tutti noi l’occasione per chiederci quanto stiamo facendo,quanto abbiamo fatto e quanto dobbiamo fare per la pace. Istituzioni,partiti,sindacati,uomini di cultura ,forze sociali,scuola,Università,persone singole. Non vale l’obiezione “cosa posso fare io”.Ognuno di noi può essere portatore di una volontà di pace parlando,discutendo con gli altri,ripetendo verità elementari che i maestri di guerra cercano continuamente di seppellire sotto la propaganda,armata di disinformazione,di nazionalismo,di emotività,di una falsa idea di sicurezza.
Queste verità sono il motore vero della storia futura se vogliamo che vi sia un futuro. La prima verità è che se il mondo continua la corsa al riarmo cammina verso l’autodistruzione. La seconda verità è che non esiste sicurezza contro la pace ,ma che solo la pace e cioè la progressiva liberazione della terra dalle armi nucleari è garanzia di sicurezza per tutti. La terza verità è che le risorse bruciate per le armi sono quelle che mancano a risolvere i problemi della fame e del sottosviluppo. La quarta verità è che il potere di controllo sulle armi nucleari riduce di fatto la democrazia ad una parvenza,poiché il controllo parlamentare e popolare viene di fatto svuotato di ogni contenuto.
La nostra sicurezza non dipende da altre armi. Sicurezza,disarmo,fiducia,trattativa,cooperazione economica,indipendenza e sovranità,diritti umani,sociali,civili,sviluppo del sud del mondo. O il sud del mondo è messo in condizione di avviarsi su strade autonome di crescita e di sviluppo o il contrasto, da regionale com’è già oggi,può diventare esplosivo sul piano mondiale. Guardiamo a Ginevra ,dunque, con la speranza che dopo gli anni dei muscoli,vengano gli anni dell’intelligenza,che i cervelli delle nazioni siano rivolti a costruire la pace e non nuove armi per militarizzare completamente la nostra vita,in terra,in mare e in cielo. Non siamo né rassegnati, né ottimisti,ma fiduciosi e impegnati. Se il Presidente e il Segretario parleranno di guerra sentiranno il rumore della nostra protesta,se cominceranno a parlare di pace possono contare sulla nostra attenzione. A Ginevra non c’è l’Europa e ciò è un male,perché soprattutto dell’Europa si parlerà; a Ginevra non ci siamo noi,ma la nostra voce possiamo farla sentire . Vogliamo dire a Reagan e a Gorbaciov che i pacifisti di tutto il mondo non sono nemici di nessuno,non sono pro o filo nessuno,siamo solo contro i guerrafondai. Noi siamo amici di tutti i popoli,di quello americano e di quello sovietico,siamo contro la stupidità (la guerra è stupida: wars is stupid,dice la canzone),di chi non sa vedere che sta correndo verso la morte. Non vogliamo sostituirci alle parti impegnate nella trattativa per aggiungere nostre proposte;ci sembra tuttavia che sarebbe un fatto positivo se alle parole di questi giorni seguissero alcuni fatti concreti. Si è parlato di zone denuclearizzate :perché non cominciare in Europa centrale,nel Baltico,nei Balcani, nel mediterraneo; si è parlato di ridurre del 50% la dotazione di missili strategici: perché non farlo? Si è parlato di abolizione di armi chimiche:si cominci allora! Ogni giorno si piantano nuove foreste di missili e si distruggono le foreste di alberi dell’Amazzonia e dell’Africa. Perché non piantare foreste di alberi e distruggere quelle di missili?
“Ma questi sono sogni!”, ci sentiamo rispondere. Sì,certo sono sogni: ma quali ragioni di vivere abbiamo se non di vedere realizzati questi sogni? Che senso ha lottare per la democrazia e per la giustizia sociale se la spada di Damocle che abbiamo sulla testa si abbassa ogni giorno di più? Che senso ha fare la voce grossa del nord sviluppato,civile,ricco per installare nuove armi nucleari mentre nel sud la cronaca ci parla di Bophal,di Città del Messico, di Soweto, di un a città della Colombia che non esiste più. Perché fare i gruppi DELTA,le teste di cuoio,le task force per intervenire in poche ore in ogni parte del mondo e poi caso mai metterci a rincorrere i nostri aerei, e non fare invece gruppi di studio per prevenire le catastrofi e intervenire quando ci sono? Quanti bimbi messicani e quante bambine colombiane avrebbe potuto salvare la tecnologia USA e URSS se si fosse impegnata a scopi civili e pacifici ?
La lotta per la pace,per noi, è ricerca di nuovi rapporti umani,sociali,fra i paesi e i popoli. Per questo Bologna,città di pace, si rivolge oggi a Ginevra per dire: che la scienza,la cultura,la tecnologia più avanzata siano messe al servizio della pace e della vita per risolvere i problemi dell’umanità.

* Discorso alla Manifestazione per la pace, Palasport di Bologna, 18 novembre 1985 (tratto dal volume: Il Sindaco Renzo Imbeni 1983 /1993 , Comune di Bologna)